Un genitore di un bambino con DSA sperimenta tutti i giorni le difficoltà del proprio bambino. Le vede e le vive insieme a lui, abbastanza vicino da poterne sentire il peso e abbastanza lontano da non accorgersi proprio di tutte le possibili implicazioni.
A volte la diagnosi è un sollievo, perché offre una spiegazione logica ai problemi quotidiani e ne alleggerisce il peso. Altre volte la diagnosi è una nota stonata che si vorrebbe cancellare dallo spartito per preservare la bellezza d’insieme della melodia. La parte più difficile sembra essere il passaggio dell’informazione dal genitore al figlio.
Facciamo invece un passo indietro: partiamo da quello che si può fare dal momento della diagnosi. Qui l’adulto ha un lavoro importante da svolgere, su se stesso prima che sugli altri.
Gestire le emozioni e le fantasie che derivano dalla comunicazione della diagnosi e che sembrano gettare un alone di sconforto su quello che sarà il futuro scolastico o lavorativo del proprio figlio. Riuscirà a prendere la patente? E l’università? Cosa farà da grande?
Conoscere la natura del problema, le sue conseguenze e le armi a disposizione per poterlo affrontare. È solo svogliato o c’è altro dietro la pigrizia? Quali informazioni mi servono per capire meglio la situazione?
Cercare uno spazio di sostegno e confronto con genitori e professionisti. Conosco qualcuno che sta affrontando o ha già affrontato questo percorso? Esiste un centro vicino casa che se ne occupa?
Scegliere il momento per “rompere il ghiaccio” e tirare fuori l’argomento con il bambino. Senza orari da rispettare e magari mentre si sta svolgendo un’attività piacevole insieme.